L’azione patogena dei batteri e le malattie alimentari
Microrganismi patogeni o potenzialmente tali
Viene detto patogeno qualunque essere vivente o agente in grado di indurre alterazioni in una parte o in tutto il corpo dell’ospite, che non è più quindi in grado di svolgere le sue normali funzioni. Si parla di patogeno primario se l’organismo è in grado di indurre malattia in un ospite sano per interazione diretta, di patogeno opportunista se l’organismo è incapace di causare la malattia in individui sani e immunocompetenti, mentre è in grado di infettare soggetti le cui difese sono molto indebolite. Il patogeno opportunista di norma vive allo stato libero oppure come parte della microflora transitoria o residente dell’ospite, ma può svolgere un’azione patogena in presenza di condizioni favorenti come il venir meno dell’immunocompetenza dell’ospite (per trapianto, AIDS, neoplasia ecc.).
Alcune definizioni inerenti i microbi patogeni
- Patogenicità: capacità di essere patogeni, cioè di generare malattia.
- Invasività: capacità di invadere l’organismo.
- Tossigenicità: capacità di produrre tossine.
- Virulenza: in una determinata specie di patogeni può essere presente un ceppo più o meno virulento, cioè più o meno aggressivo.
Concetto di tossina
Tossina: è una sostanza che risulta essere dannosa, tossica per l’organismo umano. La tossina è prodotta da microbi come ad esempio la tossina botulinica, tante volte mortale. Mangiando un alimento che contiene la tossina, anche senza il microbo che l’ ha prodotta, l’organismo subisce un danno. Lo schema seguente illustra in modo sintetico i microrganismi patogeni. Le malattie dovute a microrganismi patogeni possono essere causate dall’ingestione di alimenti contaminati dalle forme vitali e/o dalle loro tossine.
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Il PH
Il pH è una misura dell’acidità i cui valori in natura rientrano in un range da 0 a 14. Il valore 7 rappresenta la neutralità, i valori da 0 a 7 rappresentano l’acidità, invalori da 7 a 14 rappresentano la basicità.
Il pH intracellulare di ogni microrganismo deve essere mantenuto sopra il pH limite che è critico per quel microrganismo. Il controllo del pH intracellulare è necessario per prevenire la denaturazione delle proteine intracellulari. Ciascun organismo possiede una necessità specifica e un intervallo di tolleranza al pH: alcuni microrganismi sono capaci di crescere in substrati più acidi rispetto ad altri mentre la maggior parte dei microrganismi cresce meglio a pH neutro.
I lieviti e le muffe sono tipicamente più tolleranti ai substrati acidi rispetto ai batteri, ma parecchie specie di batteri crescono al di sotto di pH 3. Queste specie sono tipicamente quelle che producono acidi durante il loro metabolismo come i batteri lattici e acetici.
I batteri patogeni sono incapaci di crescere a pH inferiori a 4.
Il tipo di crescita microbica tipicamente sviluppatosi in un particolare alimento è parzialmente collegato con il pH dello stesso, es:
- le differenti tipologie di frutta sono naturalmente acide, e ciò impedisce la crescita di molti batteri, quindi l’alterazione di questi prodotti è di solito dovuta a lieviti e muffe.
- le carni di mammiferi, volatili e pesce hanno un pH vicina alla neutralità ed essi sono quindi suscettibili allo sviluppo di germi alternati e patogeni.
Ceppi individuali (cloni) di una specie particolare possono acquisire acido resistenza o acido tolleranza rispetto all’intervallo normale di pH proprio per la specie. Per esempio Salmonelle acido adattate sono risultate capaci di svilupparsi a pH 3,8. Vi è un’ampia differenza tra alimenti acidi e quelli a bassa acidità. Quelli a bassa acidità hanno un pH superiore a 4,6 e quelli ad acidità elevata hanno un pH inferiore a questo valore.
Il pH 4,6 è il valore limite più basso al quale può svilupparsi C. botulinum.
Gli alimenti con un pH superiore a 4,6 devono essere sia raffreddati o, se conservati a temperature, devono subire un trattamento termico in grado di distruggere le spore, oppure devono avere un aw sufficientemente bassa per impedire il suo sviluppo. Alimenti differenti si alterano in modo differente. Per esempio, gli alimenti con elevato contenuto in carboidrati spesso acidificano quanto sono alterati: ciò riduce il pH con rischio minore di crescita dei patogeni. Questo principio è utilizzato nella fermentazione di prodotti carnei e di latte. Viceversa gli alimenti con elevato contenuto proteico tendono ad avere aumento di pH durante il processo alterativo, rendendo possibile la crescita di germi patogeni.
Range di pH di crescita dei microrganismi
I microrganismi hanno valori di pH minimi, massimi e ottimali di crescita. Generalizzando si possono indicare i seguenti range di pH per i vari gruppi di microrganismi, anche se singole specie possono differire in maniera significativa nei loro valori minimi di pH di crescita.
Intervalli di valori di pH di alcuni alimenti comuni.
Prodotti lattiero caseari | pH | ||
– burro | 6,1 – 6,4 | ||
– panna | 4,5 | ||
– formaggi | 6,3 – 6,5 | ||
– yogurth | 3,8 – 4,2 | ||
Carni e pollame | |||
– bovino | 5,1 – 6,2 | ||
– prosciutto | 5,9 – 6,1 | ||
– vitello | 6,0 | ||
– pollo | 6,2 – 6,4 | ||
Pesci e molluschi | |||
– pesce (diverse specie) | 6,6 – 6.8 | ||
– cozze | 6,5 | ||
– granchi e simili | 7,0 | ||
– ostriche | 4,8 – 6,3 | ||
– tonno | 5,2 – 6,1 | ||
– gamberi | 6,8 – 7,0 | ||
– salmone | 6,1 – 6,3 | ||
Frutta e vegetali | |||
– mele | 2,9 – 3,3 | ||
– succo di mele | 3,6 – 3,8 | ||
– banana | 4,5 – 4,7 | ||
– fichi | 4,5 | ||
– succo di pompelmo | 3,0 | ||
– cedro | 1,8 – 7,0 | ||
– meloni dolci | 6,3 – 6,7 | ||
– succo di asrancia | 3,6 – 4,3 | ||
– prugne | 2,8 – 4,6 | ||
– angurie | 5,2 – 5,6 | ||
– uve | 3,4 – 4,5 | ||
– asparagi (gemma e stelo) | 5,7 – 6,1 | ||
– fagioli (fagiolini) | 4,6 – 6,5 | ||
– barbabietola da zucchero | 4,2 – 4,4 | ||
– broccoli | 6,5 | ||
– cavolini di Bruxelles | 6,3 | ||
– cavolo verde | 5,4 – 6,0 | ||
– carote | 4,9 –5,2 – 6,0 | ||
– cavolfiori | 5,6 | ||
– sedani | 5,7 – 6,0 | ||
– cocomeri | 3,8 | ||
– melanzane | 4,5 | ||
– melanzana bianca | 6,0 – 6,3 | ||
– lattuga | ,0 | ||
– olive verdi | 3,6 – 3,8 | ||
– cipolla rossa | 5,3 – 5,8 | ||
– prezzemolo | 5,7 – 6,0 | ||
– pastinache | 5,3 | ||
– patate (tuberi e dolci) | 5,3 – 5,6 | ||
– zucche | 4,8 – 5,2 | ||
– rabarbari | 3,1 – 3,4 | ||
– spinaci | 5,5 – 6,0 | ||
– zucchine | 5,0 – 5,4 | ||
– pomodori | 4,2 – 4,3 | ||
– cime di rapa | 5,2 – 5,5 |
Valori approssimativi di pH che permettono la crescita di patogeni negli alimenti.
Microrganismi | Minimo | Ottimale | Massimo |
– Clostridium perfringens | 5,5 – 5,9 | 7,2 | 8,0 – 9,0 |
– Vibrio vulnificus | 5,0 | 7,8 | 10,2 |
– Bacillus cereus | 4,9 | 6,0 – 7,0 | 8,8 |
– Campylobacter spp. | 4,9 | 6,5 – 7,5 | 9,0 |
– Shigella spp. | 4,9 | 9,0 | |
Vibrio parahaemoliticus | 4,8 | 7,8 – 8,6 | 11,0 |
– Clostridium botulinum (tossina) | 4,8 | 7,6 – 8,6 | 8,5 |
– Clostridium botulinum (crescita) | 4,6 | 8,5 | |
– Staphylococcus aureus (crescita) | 4,0 | 6,0 – 7,0 | 10,0 |
– Escherichia coli (enteroemorragico) | 4,4 | 6,9 – 7,0 | 9,0 |
– Listeria monocytogenes | 4,39 | 7,0 | 9,4 |
– Salmonella spp. | 4,2 (°) | 7,0 – 7,5 | 9,5 |
– Yersinia enterocolitica | 4,2 | 7,2 | 9,6 |
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Attività dell’acqua
Per crescere e svolgere le proprie attività metaboliche, i microrganismi hanno bisogno di acqua. In un alimento la quantità totale di acqua (umidità) è presente sia in forma libera (utilizzabile dai microrganismi) che legata a componenti dell’alimento stesso.
L’acqua può essere non disponibile per i microrganismi perché:
- contiene soluti disciolti come sali o zuccheri
- è cristallizzata sotto forma di ghiaccio
- è presente come acqua di idratazione
- è assorbita sulle superfici
Dunque, solo l’acqua libera presente in un ambiente consente la crescita dei microrganismi.
I batteri, per vivere e per moltiplicarsi, oltre ad idonee condizioni di temperatura, acidità, presenza (o assenza) di ossigeno, disponibilità di nutrienti, etc., necessitano assolutamente di acqua. La presenza di acqua, non tanto in termini di quantità, quanto in termini di disponibilità dell’acqua stessa, può quindi determinare la crescita dei batteri e, di conseguenza, la deteriorabilità di un prodotto alimentare. È necessario, perciò, prendere in considerazione un nuovo parametro chiamato attività dell’acqua o acqua libera o aw (a dabliu)
Poiché la citata libertà si traduce in disponibilità per i processi biologici ed enzimatici che richiedono acqua, ecco che il parametro attività dell’acqua, ancorché utile in una serie di altre svariate problematiche, entra principalmente in gioco quando si tratti di stabilità e di sicurezza degli alimenti.
Per attività dell’acqua si intende, dal punto di vista puramente descrittivo, un indice relativo alla quantità d’acqua che, in un determinato prodotto, è libera da particolari legami con gli altri componenti.
Affrontando problemi di conservazione di sostanze alimentari, più che all’umidità del prodotto (che si riferisce alla quantità totale di acqua contenuta), è più corretto riferirsi alla cosiddetta acqua libera, a quella cioè che, non essendo vincolata da particolari legami con i costituenti solubili dell’alimento, è utilizzabile nel metabolismo microbico.
La differenza tra acqua totale ed acqua libera si può facilmente intuire pensando ad un frutto, facilmente deperibile per la disponibilità di quasi tutta l’acqua contenuta, e ad una sua marmellata dove i legami tra acqua e zuccheri fanno sì che l’acqua libera sia una piccola frazione dell’acqua presente, al punto che, se si escludono alcuni tipi di muffe particolarmente poco esigenti, i microrganismi non riescono ad aggredirla, con il risultato di una particolare stabilità nel tempo.
L’ attività dell’acqua si indica con il simbolo (da water activity) e si definisce come:
dove P è la pressione di vapore dell’acqua nel prodotto e è la pressione di vapore dell’acqua pura, per una medesima temperatura. L’acqua libera determina la salubrità e la stabilità dell’alimento rispetto alla crescita microbica, alle velocità delle reazioni chimico-fisiche.
La misurazione dell’aw rende possibile:
- predire quale microrganismo potrebbe essere la fonte potenziale di alterazione o di infezione
- mantenere la stabilità chimica dell’alimento
- minimizzare le reazioni d’imbrunimento non enzimatiche e le reazioni di ossidazione auto catalitica spontanea
- prolungare l’attività di enzimi e di vitamine
- ottimizzare le proprietà fisiche degli alimenti come migrazione dell’umidità, consistenza e vita commerciale.
Crescita microbica e limitazione dello sviluppo microbico
L’aw, come visto, indica la quantità di acqua, entro l’acqua totale dell’alimento, disponibile per la crescita di microrganismi. Ciascuna specie di microrganismo (batterio, lievito, muffa) ha la sua minima, ottimale e massima aw, valore al di sotto del quale la crescita non è possibile. Questo valore corrisponde al potere di suzione dei vari microrganismi.
Con la misura dell’aw di un alimento è possibile determinare quale microrganismo sia in grado o meno di svilupparsi in un alimento. I valori limiti di sviluppo di aw sono 0,91-0,95 per la maggior parte dei batteri, 0,88 per la maggior parte dei lieviti o 0,80 per i lieviti osmotolleranti; 0,75 per i batteri alofili. I livelli di aw che impediscono lo sviluppo della maggior parte dei germi patogeni è di 0,90, per le muffe tolleranti 0,70; e per tutti i microrganismi è 0,60. Nelle tabelle seguenti sono indicati gli alimenti con vari intervalli di aw.
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Micronutrienti (elementi in tracce)
Benché richiesti in piccole quantità, anche i micronutrienti sono critici per la nutrizione di un microrganismo tanto quanto i macronutrienti.
Il cobalto è necessario soltanto per la formazione della vitamina B12, e, se questa vitamina viene aggiunta al mezzo di coltura, il cobalto non è più necessario. Lo zinco ha un ruolo strutturale in molti enzimi incluse la anidrasi carbonica, l’alcool deidrogenasi, le RNA e DNA polimerasi, e altre proteine che legano il DNA.
Il molibdeno è presente in alcuni enzimi chiamati libdoflavoproteine, coinvolti nella riduzione del nitrato assimilato, e nella nitrogenasi, l’enzima coinvolto nella riduzione dell’N2. Il rame ha un ruolo importante in alcuni enzimi coinvolti nella respirazione. Come il ferro, lo ione rame è un sito di reazione con l’02.
Il manganese è un attivatore per molti enzimi ed è anche presente in alcune superossido dismutasi, enzimi di importanza critica per la detossificazione delle forme tossiche dell’ossigeno. Il manganese ha anche un ruolo importante nella fotosintesi delle piante verdi.
Il nichel è presente negli enzimì chiamati idrogenasi che funzionano sia per assorbire che per sviluppare H2. Il tungsteno e il selenio sono richiesti da quei procarioti capaci di metabolizzare il formiato e sono presenti come parte dell’enzima formiato deidrogenasi.
Risulta evidente, da quanto esposto, che i batteri (e i microrganismi in generale), come tutte le forme viventi hanno necessità di utilizzare macro e micro nutrienti per la propria crescita. Questi nutrienti sono, di norma presenti nella maggior parte dei prodotti del settore alimentare e, di conseguenza, la loro presenza può favorire o inibire la crescoita dei microrganismi. È altrettanto evidente che residui di prodotti nelle attrezzature e negli impianti costituiscono la base fondamentale del nutrimento dei microrganismi, ecco perché diventa fondamentale il loro allontanamento tempestivo.
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Le esigenze nutrizionali dei batteri
Come qualsiasi altra cellula, quella batterica necessita per il proprio metabolismo e la propria replicazione di una fonte di carbonio, azoto, zolfo, fosforo, acqua e vari altri elementi presenti nella quasi totalità degli alimenti (latte, carni, cereali e suoi derivati, etc).
I batteri per la loro crescita e riproduzione utilizzano il carbonio dei composti organici (carboidrati, grassi, proteine), hanno notevoli esigenze nutrizionali e la crescita è possibile solo se vi è disponibilità di sostanze particolari che il batterio non è in grado di sintetizzare (fattori di crescita).
Benché ci siano molti elementi naturali, l’intera massa di una cellula batterica è costituita quantitativamente da soli quattro tipi di atomi:
- carbonio, ossigeno, idrogeno e azoto.
Inoltre, molti altri atomi sono quantitativamente meno importanti, ma funzionalmente molto importanti.
Questi includono:
- fosforo, calcio, magnesio, zolfo, ferro, zinco, manganese, rame, molibdeno e cobalto
che sono presenti nelle cellule batteriche, ma in minor quantità rispetto a C, H, 0 e N.
Tutte le forme di vita, di conseguenza anche i batteri, hanno le stesse richieste nutrizionali di base che includono:
- una fonte di ENERGIA. Questa può essere luce o sostanze inorganiche come zolfo, monossido di carbonio o ammoniaca o materia organica come zuccheri, proteine, grassi, ecc..
- una fonte di AZOTO. Questo può essere azoto gassoso, ammoniaca, nitrato/nitrito, o un composto contenente azoto organico come proteine e acidi nucleici
- una fonte di CARBONIO. Questo può essere monossido o diossido di carbonio, metano o materiale organico complesso
- una fonte di OSSIGENO. Tutte le cellule usano ossigeno in forma legata e molte richiedono ossigeno allo stato gassoso (aria), ma l’ossigeno è letale a molti microbi
- una fonte di FOSFORO, ZOLFO, MAGNESIO, POTASSIO & SODIO
- una fonte di CALCIO. C’è chi ne necessita in grandi quantità e chi in tracce
- una fonte di ACQUA. La vita richiede acqua, ma come già visto in precedenza, le spore batteriche , possono esistere per lunghissimi periodi senz’acqua, ma non crescono o metabolizzano
- una fonte di MINERALI come FERRO, ZINCO, COBALTO ECC. Questi vengono richiesti in tracce per il corretto funzionamento di alcuni enzimi
In generale i nutrienti possono essere divisi in due classi:
- macronutrienti, che sono richiesti in grande quantità
- micronutrienti, che sono richiesti in piccole quantità.
Alcuni nutrienti sono le basi da cui le cellule sintetizzano le macromolecole e altre strutture importanti, mentre altri nutrienti servono soltanto per la generazione dell’energia senza essere direttamente incorporati nel materiale cellulare. Talvolta un nutriente può avere entrambi i ruoli.
Macronutrienti principali
La maggior parte dei procarioti richiede un composto organico come fonte di carbonio. Gli studi nutrizionali hanno mostrato che molti batteri possono assorbire diversi composti dì carbonio organico e li usano per sintetizzare nuovo materiale cellulare. Aminoacidi, acidi grassi, acidi organici, zuccheri, basi di azoto organico, composti aromatici e tanti altri composti organici vengono usati dai batteri.
Dopo il carbonio, l’elemento più abbondante nella cellula è l’azoto. Una tipica cellula batterica è costituita dal 12 al 15 percento di azoto (in peso secco) e l’azoto è il principale costituente delle proteine e degli acidi nucleici. L’azoto è presente anche nel complesso polisaccaridico peptidoglicano, che costituisce lo strato rigido della parete cellulare della maggior parte dei batteri. L’azoto può essere trovato in natura in forma organica e inorganica. Come principale costituente di aminoacidi e basi azotate, l’azoto è disponibile per gli organismi come azoto organico proveniente dalla degradazione e mineralizzazione degli organismi morti.
Tuttavia, la maggior parte dell’azoto disponibile in natura è presente In forma inorganica, come ammoniaca (NH3) o nitrato (NO3‑). La maggior parte dei batteri è capace di usare ammoniaca come unica fonte di azoto e molti possono anche usare nitrati. L’atmosfera contiene una grande riserva di azoto, sotto forma di gas di azoto, N2, anche se l’azoto gassoso serve da fonte di azoto soltanto per i batteri che fissano l’azoto.
Altri macronutrienti
Il fosforo si trova in natura sotto forma di fosfato organico ed inorganico, ed è usato dalla cellula principalmente come componente degli acidi nucleici e dei fosfolipidi. La maggior parte dei microrganismi utilizza il fosfato inorganico (P043‑) per la crescita.
Il fosfato organico si trova molto spesso in natura, comunque, e può essere utilizzato grazie all’azione di enzimi cellulari chiamati fosfatasi, che idrolizzano l’estere del fosfato organico, rilasciando fosfato inorganico libero.
Lo zolfo è richiesto dagli organismi in quanto ha un ruolo strutturale negli aminoacidi cisteina e metionina, e perché è presente in un gran numero di vitamine (tiamina, biotina e acido lipoico). Lo zolfo è sottoposto a varie trasformazioni chimiche eseguite esclusivamente dai microrganismi ed è disponibile per gli organismi in molte forme. La maggior parte dello zolfo cellulare ha origine da fonti inorganiche, solfato (S042‑) o solfuro (HS‑).
Il potassio è richiesto da tutti gli organismi. Molti enzimi, inclusi alcuni di quelli coinvolti nella sintesi proteica, sono specificamente attivati dal potassio.
Il magnesio ha la funzione di stabilizzare i ribosomi, la membrana cellulare e gli acidi nucleici, ed è anche richiesto per l’attività di molti enzimi, specialmente quelli coinvolti nel trasferimento dei fosfati. Per la crescita cellulare, quindi, sono richieste grandi quantità di magnesio. Il calcio, che non è essenziale per la crescita di molti microrganismi, può aiutare a stabilizzare la parete cellulare batterica e gioca un ruolo chiave nella stabilità al calore delle endospore.
Il sodio è necessario per alcuni, ma non per tutti gli organismi, in relazione alla disponibilità ambientale. Ad esempio, l’acqua di mare ha un alto contenuto di sodio, e i microrganismi marini generalmente richiedono sodio per la crescita, mentre le forme d’acqua dolce sono normalmente capaci di crescere in assenza di sodio. Il ferro è richiesto in grandi quantità benché non a livello degli altri macronutrienti. Il ferro è presente in un certo numero di proteine della cellula, particolarmente quelle coinvolte nella respirazione.
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Forma e nutrizione della cellula batterica
La forma della cellula batterica
I tipi morfologici fondamentali sono due:
- microrganismi sferici, detti cocchi
- microrganismi cilindrici, detti bacilli.
Sia i cocchi sia i bacilli spesso non si trovano isolati, in quanto durante la divisione cellulare la separazione di ciascuna cellula può risultare incompleta si hanno così:
- cocchi a coppia (diplococchi)
- cocchi a catena (streptococchi)
- cocchi a grappolo (stafilococchi)
- cocchi a tetrade (sarcine).
Anche i bacilli possono avere morfologie alquanto diverse e si distinguono:
- bacilli con forme a bastoncino (bacilli propriamente detti)
- bacilli a coppie (diplobacilli)
- bacilli a catena (streptobacilli)
- bacilli con forme assottigliate alle estremità (bacilli fusiformi)
- bacilli con una curva: vibrioni
- bacilli con due curve: spirilli
- bacilli con molte curve: spirochete.
I batteri possono essere mobili o immobili, e la motilità è dovuta alla presenza di appendici filamentose, dette flagelli o ciglia, che possono variare per posizione, numero e lunghezza.
La produzione di spore
Le spore sono la forma di resistenza di alcuni batteri Gram positivi detti “sporigeni”, a condizioni ambientali non adatte alla sopravvivenza del batterio. Il passaggio dalla forma vegetativa alla forma sporale può essere quindi determinato da ogni parametro fisico-chimico e nutrizionale sfavorevole (per es, la temperatura troppo alta così come quella troppo bassa, la mancanza di acqua, la presenza di un pH non ottimale, la presenza dell’ossigeno per i batteri anaerobi e l’assenza dello stesso per quelli aerobi, la mancanza di sostanze nutrienti particolari).
Le spore batteriche sono resistenti all’essiccamento, alle radiazioni ultraviolette, al calore e ai comuni disinfettanti.
Le spore batteriche sono strutture protettive, disidratate e pluristratificate, che permettono ai batteri di sopravvivere, anche per lunghissimi periodi, in uno stato di inerzia metabolica, dove tutte le funzioni vitali sono interrotte, ossia sospese fino a che non ricompaiano condizioni favorevoli alla germinazione, al passaggio cioè dallo stato sporale alla forma vegetativa.
Con la germinazione, che avviene quando le condizioni ambientali tornano favorevoli alla vita batterica, si ha la ripresa di tutte le funzioni del microrganismo e, cosa importante dal punto di vista medico, la ripresa della replicazione e dell’espressione dei fattori di patogenicità, che rappresentano la capacità di dare malattia.
Ultrastrutura della spora
La spora è formata da una parte centrale, detta core, costituita da contenuti citoplasmatici (una copia completa del cromosoma, proteine essenziali e ribosomi, calcio e acido dipicolinico) circondata dagli strati che, dall’interno verso l’esterno, sono:
- la membrana interna
- la parete della spora
- la corteccia
- la membrana esterna
- il rivestimento proteico
- l’esosporio
Sporogenesi
Il processo di sporificazione inizia con la produzione di acido dipicolinico (peculiare della spora. A questo segue la duplicazione del cromosoma e la separazione dei due nucleoidi, uno dei quali migra in un polo cellulare. Questo viene racchiuso da contenuti citoplasmatici e separato da un setto di membrana citoplasmatica dalla restante parte cellulare. Tale struttura è la prespora, sulla quale inizia l’apposizione delle varie membrane di rivestimento. La spora completa dei suoi involucri viene ricoperta di esosporio e liberata nell’ambiente (spora libera) per autolisi dello sporangio (la cellula madre che diventa di fatto una struttura cellulare residua).
Nei funghi ascomiceti, l’asco è lo sporangio che contiene le ascospore
Asco: dal greco askós = otre
È la cellula fertile che contiene le spore (di solito 4 oppure 8 spore) e che caratterizza gli Ascomiceti (Divisione Ascomycota). È la cellula corrispettiva del basidio che caratterizza i Basidiomiceti (Divisione Basidiomycota). A differenza del basidio che porta le spore mature all’esterno, l’asco protegge le spore al suo interno per poi farle fuoriuscire tramite vari meccanismi.
Gli aschi nei casi più comuni sono formati da una sorta di tubetto o baccello all’interno del quale maturano le spore. A maturazione avvenuta, le spore vengono espulse tramite un sistema dinamico-idraulico (espulsione) attraverso la sommità dell’asco che può presentarsi munita o meno di opercolo. In altri casi, come nei Tuber (tartufi) gli aschi sono a forma di sacchetto o palloncino e non vi è espulsione attiva delle spore: la loro diffusione avverrà a maturità per degrado o rottura del contenitore.
Per uscire dall’asco che le contiene, le spore devono trovare un varco opportuno. La fuoriuscita può avvenire con diverse modalità:
Gli aschi possiedono all’apice una specie di coperchio (detto opercolo) che si solleva (o si distacca dalla struttura) quando le spore sono mature; inoltre l’apertura che si trova sotto tale opercolo è larga quasi quanto il diametro della sezione stessa dell’asco: gli aschi, in tal caso, si dicono opercolati; le spore contenute negli ascomiceti ad aschi opercolati possono essere anche di grandi dimensioni, più o meno sferiche e possono avere anche ornamentazioni in rilievo visto che non trovano grosse difficoltà nel fuoriuscire dall’asco, grazie proprio allo “sportellino” rappresentato dall’opercolo e all’apertura “spaziosa” che l’opercolo lascia sotto di sé.
Gli aschi possiedono un semplice forellino apicale dal diametro ridotto (che funzionerà come uno sfintere) e non possiedono opercolo: in tal caso sono detti inopercolati. Di solito al loro interno si formano spore strette e fusiformi, senza ornamentazioni per permettere loro la fuoriuscita attraverso tale varco stretto.
C’è anche la situazione intermedia: aschi subopercolati. Si tratta di aschi che hanno opercolo ma l’apertura apicale che tale opercolo lascia sotto di sé è stretta come negli aschi inopercolati. Tale conformazione riguarda pochi ascomiceti (Famiglia delle Sarcoscyphaceae).
Esistono Generi con aschi privi di meccanismi per far fuoriuscire le spore: sono chiamati aschi prototunicati e la dispersione delle spore avviene, in tal caso, in conseguenza della rottura indifferenziata o alla decomposizione della parete dell’asco stesso: la distribuzione sul territorio delle spore rilasciate avverrà grazie all’azione degli animali che li mangiano e che, tramite le feci, li disperderanno nell’ambiente. È una caratteristica degli ascomiceti ipogei (come i tartufi). La forma di questi aschi è di solito irregolarmente globosa.
Le spore contenute negli aschi sono in genere 8 (aschi ottosporici) e si possono disporre in “fila indiana” all’interno dell’asco (spore uniseriate), oppure in “doppia fila” (spore biseriate). Ma esistono specie con un numero diverso di spore per asco: aschi tetrasporici (con 4 spore), o che ne contengono un numero variabile, anche dispari (come nei tartufi), o addirittura aschi multisporici (con 32 o più spore).
Infine gli aschi possono essere monotunicati se la loro parete esterna è formata da un solo tessuto o bitunicati (due tessuti distinti ne costituiscono la parete esterna) o tritunicati.
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I Batteri – aspetti fondamentali
La microbiologia (dal greco mikrós, piccolo; bíos, vita; lógos, discorso) è la branca della biologia che studia gli esseri viventi le cui dimensioni sono dell’ordine di grandezza dei micrometri (10 -6 m).
La microbiologia degli alimenti costituisce una branca della microbiologia e studia il ruolo svolto dai microrganismi nella produzione, alterazione e conservazione degli alimenti e le malattie microbiche trasmesse attraverso gli alimenti stessi.
Pur essendo un’area specialistica, la microbiologia degli alimenti abbraccia vari aspetti di altre aree, come la microbiologia industriale, la biotecnologia delle fermentazioni, la microbiologia agraria, la microbiologia medica, la biologia dei microrganismi, l’igiene, ecc. La produzione di alimenti con determinate caratteristiche organolettiche e nutrizionali e allo stesso tempo stabili nei confronti delle alterazioni e sicuri per la salute umana è stato un obiettivo e un’esigenza sempre crescente nella storia dell’uomo.
Sebbene la produzione di alimenti basata sull’attività fermentativa svolta dai microrganismi, così come le alterazioni e i metodi di conservazione degli alimenti siano conosciuti e applicati fin dai tempi antichi, fu con la scoperta da parte di Antony van Leeuwenhoek, tra il 1676 e il 1683, della vasta distribuzione dei microrganismi in natura, che si incominciò ad ipotizzare il loro possibile ruolo nelle alterazioni e fermentazioni alimentari e solo a partire dal 1800 furono stabilite in maniera scientifica le relazioni tra microrganismi e alimenti.
Nel 1837 Schwann propose di considerare i lieviti coinvolti nella fermentazione alcolica come delle piante microscopiche, mentre tra il 1857 e il 1876 Pasteur dimostrò la natura microbica delle modificazioni chimiche che avvenivano negli alimenti e nelle bevande. Queste prime osservazioni e scoperte rappresentarono il primo passo per lo sviluppo della moderna microbiologia degli alimenti. I successivi sviluppi delle biotecnologie e le migliori conoscenze sulla fisiologia, sul metabolismo e la genetica dei microrganismi coinvolti nei processi fermentativi hanno consentito di evidenziare molti attributi fisiologici degli stessi che possono contribuire al controllo di microrganismi indesiderati, sia alterativi che patogeni, così come assicurare il conseguimento di specifici obiettivi industriali e contribuire al miglioramento della salute umana.
Alcune date importanti della microbiologia
- 384-322 a.C.: Aristotele (filosofo greco) pensava che gli animali potessero originarsi spontaneamente dalle piante e dal terreno
- Fino al XVII secolo: si pensava che gli organismi viventi potevano generarsi spontaneamente dalla materia in decomposizione
- 1665: Francesco Redi (medico e scienziato italiano) confutò la teoria della generazione spontanea (si intende la credenza, molto diffusa dall’antichità fino al XVII secolo, per cui la vita potrebbe nascere in modo “spontaneo” dagli elementi naturali inanimati, in quanto comunque dotati di influssi vitali), conducendo esperimenti sulla carne in putrefazione
- 1676: Antoni van Leeuwenhoek (ottico e naturalista olandese) descrive per la prima volta i microrganismi utilizzando un rudimentale microscopio
- 1765: Lazzaro Spallanzani ( gesuita e naturalista italiano), confutò la generazione spontanea e dimostrò che bollendo il brodo di carne richiudendo immediatamente dopo il recipiente preveniva la comparsa di organismi microscopici
- 1804: Nicholas Appert (inventore francese) inventò il metodo per la conservazione ermetica dei cibi, inizialmente in bottiglie di vetro chiuse e bollite in acqua
- 1810: Pierre Durand (imprenditore inglese) sostituì le fragili bottiglie di vetro di Appert con cilindriche lattine in alluminio, sviluppando la conservazione in barattoli metallici
- 1812: Bryan Donkin e John Hall (imprenditori inglesi), presero in considerazione entrambe le invenzioni e iniziarono a produrre delle conserve. e nel 1813 produssero i primi cibi in scatola per l’esercito inglese.
- 1854 Luis Pasteur (chimico, biologo e microbiologo francese.) studia le anomalie della fermentazione della birra
- 1857: Luis Pasteur dimostra che la fermentazione lattica è dovuta a un microrganismo
- 1861:Luis Pasteur dimostra che i microrganismi non si creano spontaneamente. Un brodo bollito sviluppava microrganismi solo quando era contaminato dai batteri della polvere
- 1862 Luis Pasteur dimostra il principio della pastorizzazione (processo di risanamento termico applicato ad alcuni alimenti per distruggere i microrganismi, chiamata così in suo onore) attraverso i famosi esperimenti pubblici del 20 aprile 1862
- 1863:Luis Pasteur applica i principi della pastorizzazione e la prima applicazione, ad opera dello stesso Pasteur, fu sul vino, su incarico di Napoleone III
- 1876:Robert Koch (medico, batteriologo e microbiologo tedesco) dimostra che il carbonchio è dovuto ad un microrganismo
- 1878: Joseph Lister (medico inglese) isolò lo Streptococcus lactis da latte acido in coltura pura
- 1881: Robert Koch coltiva per la prima volta i batteri sulla gelatina
- 1884: Gram sviluppa la tecnica di colorazione differenziale dei batteri
- 1895: Emil Pierre van Ermengem (microbiologo belga) isola la neurotossina botulino ed il microrganismo denominato allora Bacillus botulinum che nel 1922 per il suo aspetto morfologico venne chiamato Clostridium botulinum (dal greco kloster: filo attorcigliato)
- 1907: Metchnikoff (zoologo e scienziato russo) isolò e classificò un batterio dello yogurt (Lactobacillus bulgaricus)
- 1906:fu scoperto l’avvelenamento alimentare dovuto a Bacillus cereus
- 1908: il benzoato di sodio fu ammesso negli Stati Uniti come conservante
- 1997: irradiazione della carne (fino a 4,5 kGy) ufficiale in USA
Cenni sui microrganismi
I microrganismi sono organismi viventi estremamente piccoli, microscopici, unicellulari:
- alcuni microrganismi hanno una struttura cellulare eucariotica, cioè è presente un nucleo organizzato (alghe, protozoi, miceti)
- alcuni microrganismi hanno una struttura cellurare procariotica, cioè non è presente un nucleo organizzato, pur essendo presente materiale nucleare (batteri).
Si precisa per chiarezza espositiva che il nucleo della cellula è la presenza di una zona specifica dove il materiale genetico è localizzato, quindi i batteri hanno il materiale genetico, ma non in un nucleo delimitato, bensì sparso all’interno della cellula.
Suddivisione dei microrganismi
I microrganismi che prenderemo in considerazione in questo corso sono i seguenti:
- batteri
- muffe e lieviti
- virus
I batteri sono dei microrganismi unicellulari, cioè formati da una sola cellula.
Essi hanno una grande importanza poiché ricoprono un ruolo fondamentale per tutti gli esseri viventi in quanto coinvolti nel processo di decomposizione dei prodotti di rifiuto che, trasformati in sostanze più semplici, possono essere riutilizzati dalle piante e reintrodotti nel ciclo alimentare. I batteri costituiscono, però, la causa più comune delle malattie alimentari che interessano anche il settore della produzione di alimenti. Si comportano come tutti gli altri esseri viventi che si conoscono (compreso l’uomo) cioè si nutrono, si riproducono, hanno delle precise esigenze di vita e muoiono.
Gli schemi sottostanti evidenziano in modo sintetico cosa sono e come sono fatti i batteri.
Gli aspetti fondamentali dei batteri che prenderemo in considerazione nel corso riguardano:
- La riproduzione della cellula batterica
- La forma della cellula batterica
- La produzione di spore
- Le esigenze nutrizionali dei batteri
- La temperatura di crescita dei batteri
- L’acqua
- L’acidità
- L’ossigeno
- L’azione patogena dei batteri e le malattie alimentari

processo di riproduzione di tipo asessuato in cui una cellula batterica si divide in due cellule figlie identiche.
La riproduzione della cellula batterica
I batteri si riproducono per scissione binaria. In questo processo si verifica:
- la duplicazione del cromosoma batterico
- l’allungamento della cellula
- la formazione di un setto trasverso in posizione centrale
- la suddivisione di una copia del cromosoma e del citoplasma nelle due cellule figlie
I batteri, nelle condizioni ideali, hanno una velocità di riproduzione molto elevata. Per renderci conto della velocità di riproduzione dei batteri proviamo a pensare quanti batteri avremmo dopo 4 ore, dopo 10 ore e dopo 24 ore. Supponiamo di considerare il tempo di riproduzione per scissione binaria impiegato da un batterio di una data specie, immaginando che corrisponda a 20 minuti circa. Supponiamo inoltre di avere, nell’istante iniziale t0 = 0′, un solo batterio ed ogni batterio si riproduce ogni 20′ circa.
Come si vede dal disegno sopra, alla prima generazione (t1) ci sono 2 batteri, perché quello di partenza, riproducendosi per scissione binaria, si divide letteralmente in 2 batteri-figli. Alla seconda generazione (t2), poiché ciascuno dei 2 batteri precedenti è andato incontro ad un processo riproduttivo, ci sono 4 batteri. Alla terza generazione ce ne sono 8, e così via. In sostanza, poiché ciascun batterio di ogni generazione “si sdoppia”, per avere il numero di batteri della generazione successiva basterà moltiplicare per 2 il numero di batteri della generazione precedente.
Il concetto in sé è piuttosto semplice, ma non possiamo stare a disegnare ogni volta degli schemi del genere, soprattutto quando ragioniamo su un numero elevato di generazioni. Bisogna trovare una regola, un algoritmo matematico che consenta di generalizzare il procedimento.
Per il calcolo possiamo pertanto ricorrere al concetto di elevamento a potenza. Elevare a potenza un numero naturale significa considerare una moltiplicazione in cui compare come fattore un numero (la base della potenza) tante volte quante sono indicate nel numero scritto in alto (l’esponente della potenza). Siccome in tal caso raddoppiamo ogni volta il numero di batteri della generazione precedente, la potenza in questione avrà base 2, mentre il suo esponente sarà dato dal numero di generazioni considerate. Abbiamo visto che il numero di batteri in un’ora sarà il numero di batteri di 3 generazioni, ossia 2^3 = 8, in quanto gli intervalli di tempo utili a risolvere il nostro problema sono 3 da 20 minuti ciascuno. In 4 ore quindi avremo 12 intervalli da 20 minuti ciascuno, per cui la potenza risolutiva del problema sarà:
- 212 = 4096 batteri dopo 4 ore
- 230 = 1.073.741.824 batteri dopo 10 ore (circa un miliardo)
- 272 = 4.722.366.482.869.650.000.000 batteri dopo 24 ore (circa quattromila settecento miliardi di miliardi)
È importante studiare la crescita batterica per analizzare come il numero degli individui in una popolazione varia rispetto al tempo in seguito a scissione binaria e come si verifica un aumento del numero degli individui con costituzione di una coltura batterica o popolazione. Di seguito è rappresentata una curva di crescita dei batteri di una coltura in un sistema chiuso (coltura batch), che prevede diverse fasi correlate al consumo dei nutrienti e all’accumulo dei prodotti di scarto.
Fase di LATENZA (lag): fase di adattamento dei microrganismi al mezzo di coltura (sintesi di proteine, ATP, enzimi); la velocità di crescita è zero
Fase ESPONENZIALE (log): fase in cui i batteri si accrescono alla velocità massima. Il numero di batteri raddoppia ad intervalli regolari di tempo.
Fase STAZIONARIA: la mancanza di nutrienti e l’accumulo di metaboliti tossici rallentano la crescita fino ad azzerarla (v = 0). Numero di microrganismi costante
Fase di MORTE: il numero di cellule vitali decresce in modo esponenziale (il numero di microrganismi dimezza ad intervalli costanti di tempo)
Fase di latenza: La fase di latenza o fase lag (lag vuol dire ritardo) corrisponde al tempo necessario alle cellule batteriche per adeguarsi alle condizioni del terreno. La fase di latenza non sempre è presente e la sua presenza è influenzata da:
- stato fisiologico delle cellule
- tipo di terreno colturale
- modalità di inoculo
Fase esponenziale: Nella fase esponenziale o fase log (log sta per logaritmo ed è un modo di esprimere numeri esponenziali- molto grandi o molto piccoli- con numeri piccoli). Diversi fattori possono influenzare la velocità di crescita di una coltura batterica ed il suo tempo di generazione (tempo che intercorre tra due generazioni successive).
Fase Stazionaria: Nella fase stazionaria il numero totale di cellulare vitali rimane costante, si ha un arresto della riproduzione, il tasso riproduttivo controbilanciato dal tasso di mortalità. Le possibili cause sono:
- il raggiungimento di una densità critica di popolazione
- l’accumulo dei cataboliti (azione tossica)
- la limitazione dei nutrienti
- la limitata disponibilità di O2 (ossigeno)
Fase di Morte: Nella fase di morte il numero di cellule vitali decresce in modo esponenziale (il numero di microrganismi dimezza ad intervalli costanti di tempo).In questa fase si ha perdita irreversibile della capacità di riprodursi. In alcuni casi, il tasso di mortalità rallenta causa un accumulo di cellule resistenti.
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Microbiologia degli alimenti – Generalità
L’individuazione dei soggetti coinvolti e chiamati ad occuparsi di sicurezza in un luogo di lavoro pubblico viene condotta sulla base di tre principi fondamentali:
Il Legislatore italiano ha stabilito di sanzionare penalmente le violazioni in materia antinfortunistica
Nel sistema giuridico italiano la responsabilità penale è personale (art. 27 Costituzione), quindi risponde davanti alla legge la persona fisica che ha adottato una condotta violatrice di una o più disposizioni sanzionabili penalmente
È bene sottolineare che le condotte possono essere attive/commissive oppure omissive e la maggioranza dei fatti aventi rilevanza penale in questo settore è riferibile a condotte omissive, cioè i destinatari dei doveri contenuti nelle disposizioni normative non adottano le condotte che devono preventivamente conoscere e successivamente applicare
Personalità della responsabilità penale
La responsabilità penale, a differenza di quella civile, non può essere a carico delle persone giuridiche, si tratta di una responsabilità che non può essere assicurata. Non può essere imputata all’azienda, ma direttamente alle persone coinvolte.
Responsabilizzazione dei detentori del potere
La responsabilità deve essere localizzata laddove si trovano le competenze e i poteri.
La responsabilità, cioè, sta esattamente lí dove stanno i poteri. Se non ci sono poteri non ci sono responsabilità. Se invece ci sono i poteri (nei limiti dei poteri che ogni soggetto ha) ci sono le connesse responsabilità, al di là del “nomen juris” che viene attribuito ad ogni singolo soggetto
Principio di effettività (o prevalenza della situazione reale su quella apparente)
L’individuazione dei destinatari delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro va effettuata, non attraverso la qualificazione astratta dei rapporti tra i diversi soggetti, bensì essenzialmente in concreto, tenendo conto delle mansioni e delle attività in concreto svolte da ciascun soggetto, anche di propria iniziativa (Corte di Cassazione 9.3.2007, art. 299 d.lgs.81/08).
Esercizio di fatto di poteri direttivi
Art. 299: Le posizioni di garanzia relative al datore di lavoro, al dirigente e al preposto gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto I poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti (=datore di lavoro di fatto, dirigente di fatto, preposto di fatto)
Le linee portanti ai fini della individuazione degli obblighi giuridici (e delle conseguenti responsabilità) per i soggetti chiamati ad occuparsi di sicurezza
La prima Linea portante in materia di responsabilità, introdotta con i decreti legislativi di origine comunitaria è la centralità della figura del datore di lavoro; questo non è un concetto del tutto nuovo, nel senso che anche prima del D.Lvo 626 e del D.Lvo 81/08, nella gerarchia dei soggetti tenuti ad applicare le norme in materia, il datore era al primo posto e in questo senso la sua posizione è rimasta immutata. La centralità del datore di lavoro nei decreti 626/94 e 81/08 e nel nuovo Testo Unico è un concetto giuridico più articolato, nel senso che il datore di lavoro non è più chiamato ad attuare a pioggia i singoli precetti della prevenzione, ma è obbligato a dotarsi di una rete organizzativa e gestionale che adesso diventa obbligatoria e la cui mancanza è penalmente sanzionata.
La seconda Linea portante del nuovo sistema di sicurezza è un obbligo di carattere gestionale: la valutazione del rischio, che viene poi tradotta nel cosi detto piano di sicurezza:
dopo aver valutato tutti i rischi bisogna tradurre questa valutazione in un documento che contiene il programma ed i tempi degli interventi con i quali il datore di lavoro ritiene di dover fronteggiare i rischi che ha valutato;
immediatamente dopo aver valutato i rischi il datore di lavoro deve adottare le misure necessarie.
La terza Linea portante è costituita dagli obblighi di Formazione e Informazione: gli art. 36 e 37 sono due momenti chiave del funzionamento dell’intero sistema di prevenzione nei luoghi di lavoro.
Il Legislatore, avvertendo una carenza diffusa nelle aziende private e pubbliche per la scarsissima preparazione soggettiva dei lavoratori in materia di sicurezza e igiene, (e alla luce delle statistiche che indicano come solo il 10% degli infortuni avviene per cause tecniche e strutturali mentre il 90 % è causato dal comportamento delle persone), ha inteso rimarcare tali obblighi trasformandoli in obblighi espliciti e specifici: “Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore riceva una formazione sufficiente in materia di sicurezza e salute e un’adeguata informazione sui rischi e pericoli esistenti all’interno del luogo di lavoro.
Effettività della formazione, cioè esigenza che la formazione e l’informazione non venga semplicemente data ai lavoratori, ma venga effettivamente ricevuta dai lavoratori. Ciò comporta che un datore di lavoro non si limiti a fornire la formazione e l’informazione, ma si preoccupi di verificare che queste siano state realmente recepite e assimilate dai lavoratori attraverso la verifica dell’apprendimento.
La quarta Linea Portante riguarda la responsabilizzazione dei lavoratori: con i decreti n. 626/94 e 81/08 si passa da un sistema che considerava il lavoratore soltanto come il soggetto da proteggere, cioè un mero creditore di sicurezza, ad una normativa che individua nel lavoratore un soggetto obbligato a farsi carico anche lui del dovere di sicurezza, quindi un soggetto responsabile, naturalmente con riferimento agli obblighi che la legge pone a suo carico.
La quinta Linea Portante riguarda, in termini innovativi, il confronto con i lavoratori attraverso il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS).
Per quanto su esposto i principali soggetti coinvolti sono:
Datore di lavoro
Lavoratori
Rappresentante dei lavoratori
Responsabile del servizio di prevenzione e protezione
Medico competente
Di seguito è presentata una breve sintesi delle figure coinvolte. Per eventuali approfondimenti si rimanda al decreto legislativo 81/08.
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I pericoli/contaminanti chimici
I pericoli/contaminanti chimici possono avere una provenienza eterogenea, potendo derivare da:
- materie prime
- diffusioni e cessioni degli impianti, dei materiali di confezionamento
- residui: di pratiche agronomiche (pesticidi, fitofarmaci, antiparassitari, erbicidi, derattizzanti, acaricidi, etc)
- residui: di pratiche veterinarie (antibiotici, sulfamidici, etc.)
- residui: di pratiche zootecniche (anabolizzanti, ormoni, etc.)
- residui: di trattamenti di lavaggio e disinfezione (detergenti, etc.)
- residui: di scarichi industriali (prodotti chimici organici ed inorganici, etc)
- residui: di contaminanti ambientali (inquinamento, etc.)
- sostanze tossiche di neoformazione
- inquinamento ambientale.
Tra i tanti potenziali inquinanti chimici, prendiamo in considerazione alcuni tra i maggiormente significativi:
- Fitofarmaci
- Farmaci, ormoni e anabolizzanti
- Metalli pesanti
- Monomeri residui di polimerizzazione
- Micotossine
- Diossine
- Encefalopatia spongiforme bovina (BSE)
a) Fitofarmaci
I fitofarmaci sono sostanze dotate di tossicità elevata per i parassiti di origine animale o vegetale ed includono composti ben noti quali insetticidi, anticrittogamici o fungicidi, rodenticidi ed erbicidi, etc. Essi hanno contribuito in modo determinante a debellare numerose malattie aventi come vettori gli insetti oltre a consentire significativi incrementi della produttività agricola e della conservazione delle derrate.
Il rischio è tuttavia rappresentato dalla loro persistenza all’interno degli alimenti trattati, originando residui il cui controllo è molto importante per la tutela della salute dei consumatori.
b) Farmaci, ormoni e anabolizzanti
Un altro importante aspetto è quello della contaminazione delle produzioni zootecniche da farmaci (in particolare antibiotici), ormoni ed additivi per aumentare la quantità delle produzioni.
Gli ormoni anabolizzanti permettono di aumentare di parecchio la produzione zootecnica in quanto esercitano un’azione di stimolo alla sintesi proteica.
Alcuni di essi hanno tuttavia il grave inconveniente di residuare nelle produzioni zootecniche e quindi di continuare ad esplicare i loro effetti sui consumatori.
In qualche modo analoghi sono i problemi di contaminazione degli alimenti associati ai farmaci veterinari il cui uso è molto diffuso per effetto dello sviluppo di allevamenti intensivi che determina sugli animali gravi stress per la propria salute.
c) Metalli pesanti
Tra i potenziali contaminanti chimici ambientali degli alimenti i più diffusi sono i metalli pesanti quali piombo, cadmio, mercurio, selenio, zinco, cromo e arsenico. L’esposizione a questi contaminanti avviene sia attraverso alimenti ed acqua che attraverso l’aria con effetto cumulativo non trascurabile.
Negli alimenti la presenza di piombo può derivare dalla contaminazione ambientale delle materie prime, dai processi di trasformazione, dall’impiego di contenitori che possono cedere il metallo alla massa di prodotto. Gli effetti del piombo sul sistema nervoso sono gravi soprattutto sui bambini provocando deficit intellettivi talora irreversibili.
La contaminazione relativa al cadmio dipende invece essenzialmente da una sua presenza eccessiva nel suolo e dalla capacità della pianta di assorbirlo, mentre meno importanti sono le contaminazioni dell’acqua e dell’aria: diverse pratiche agricole quali l’uso di fertilizzanti fosfatici, l’utilizzazione di acqua di scarico e l’impiego in agricoltura di prodotti derivati da rifiuti urbani possono, oltre alle emissioni industriali, contribuire ad aumentare il livello di Cd nel suolo e, quindi, negli alimenti sia vegetali che animali.
Diverso è il caso del mercurio: il mercurio esiste nell’ambiente acquatico principalmente come metilmercurio, una forma organica dotata di elevata tossicità sul sistema nervoso centrale. La principale via di esposizione della popolazione al metilmercurio è il consumo di prodotti ittici e particolarmente di specie predatrici quali tonni e squaloidi. Il pescato presenta talvolta livelli di metilmercurio elevati a causa della contaminazione da scarichi industriali (soprattutto industrie elettrochimiche) e dalla presenza di aree costiere naturalmente ricche di minerali di mercurio (ad esempio il Monte Amiata).
Il selenio è un elemento essenziale per l’uomo ma un’eccessiva esposizione (superiore a 200 mg/giorno) può essere tossica; in particolare presentano valori piuttosto elevati di selenio i prodotti ittici, le uova, i formaggi ed il pane.
d) Monomeri residui di polimerizzazione
I contenitori degli alimenti sono essenziali per proteggerli dall’attacco degli agenti atmosferici durante la conservazione e la distribuzione, nonché per assicurarne l’igiene, ma essi possono essere anche fonte di contaminazione per gli alimenti stessi. I materiali destinati a venire a contatto includono carte, vetri, plastiche, metalli e legno e nessuno di essi è inerte dal punto di vista della cessione di contaminanti agli alimenti contenuti
Il caso delle plastiche è ben noto per limitate ma importanti cessioni di sostanze tossiche quali monomeri residui dei processi di polimerizzazione (ad esempio il cloruro di vinile e lo stirene) e altre sostanze utilizzate come catalizzatori e modificatori delle proprietà della plastica. L’entità della cessione dipende non solo dalle caratteristiche del materiale di cui è formato il contenitore, ma anche dall’alimento contenuto.
e) Residui di detergenti
Parecchi sono i composti utilizzati nei processi di sanificazione che in quantità elevate possono causare fenomeni di contaminazione sia alterativi che in particolari condizioni anche tossici; è noto il problema dell’eutrofizzazione delle acque ad opera dei composti polifosfati, ma ancor più grave è la persistenza di sostanze utilizzate come detergenti che passando attraverso gli alimenti si accumulano in particolare a livello di fegato e reni.
f) Micotossine
Le micotossine sono tossine prodotte da determinati funghi o muffe che si sviluppano in alimenti come arachidi, noci o nocciole, mais, cereali, germogli di soia, mangimi per animali, frutta secca e spezie. Le tossine possono essere prodotte durante la crescita delle piante o svilupparsi successivamente in seguito ad una conservazione o ad un trattamento impropri. Le micotossine possono anche introdursi nella catena alimentare attraverso la carne o altri prodotti di origine animale come le uova, il latte e il formaggio, provenienti da bestiame che abbia consumato mangime o alimenti contaminati.
Le effettive conseguenze sulla salute dipendono dalla quantità di micotossine ingerite. Si ritiene, per esempio, che la continua assunzione di aflatossine sia associata al cancro al fegato nei soggetti affetti da Epatite B. Altre micotossine sono state correlate a patologie dei reni e del fegato.
g) Diossine
Le diossine sono sottoprodotti della fabbricazione di determinate sostanze chimiche industriali, dell’incenerimento o della combustione. Sono contaminanti che rimangono nell’ambiente per molti anni e riescono ad arrivare fino agli alimenti. Nel pesce, la principale causa di contaminazione da diossina è l’acqua inquinata, mentre gli altri animali sono per lo più esposti alle diossine presenti nell’aria. Queste sostanze si depositano sulle piante, e in particolare sul foraggio, che viene poi mangiato dagli animali. La diossina si concentra nei tessuti adiposi del bestiame e del pesce. Oltre il 90% dell’esposizione umana alla diossina avviene attraverso gli alimenti; quelli di origine animale rappresentano in genere circa l’80% dell’esposizione totale. Malgrado gli incidenti occasionali (es. Belgio, 1999, pollo alla diossina), i dati disponibili dimostrano che l’esposizione alla diossina, nella popolazione europea, è diminuita nel corso degli ultimi dieci anni. L’attuale politica dell’UE in materia si prefigge un’ulteriore riduzione dei livelli di contaminazione da diossine nell’ambiente, nel foraggio e negli alimenti, al fine di garantire una maggior tutela della salute pubblica. Poiché è risaputo che gli effetti cancerogeni di queste sostanze non si riscontrano al di sotto di una determinata soglia, l’obiettivo generale è ridurre del 25% circa, entro il 2006, i livelli di diossina nei prodotti e la conseguente esposizione dell’uomo. Casi specifici di inquinamento da diossina derivano dalla combustione dei rifiuti solidi urbani (mozzarella di bufala, etc. in campania).
h) Encefalopatia spongiforme bovina (BSE)
L’Encefalopatia Spongiforme Bovina (BSE), nota comunemente come “morbo della mucca pazza” è una malattia neurologica di tipo degenerativo ad esito fatale che colpisce i bovini. Il morbo prende il nome dalle caratteristiche alterazioni spugnose che provoca al cervello. Vi sono varie teorie riguardo la causa e il vettore della BSE. Secondo una di queste, gli agenti responsabili del morbo sarebbero i “prioni trasmissibili”. “Prione” è il termine generico usato per diverse proteine che si trovano essenzialmente nel cervello, ma anche in molti altri tessuti dell’uomo e degli animali. I “prioni trasmissibili” sono prioni anomali capaci di interagire, nei tessuti animali e principalmente nel cervello e nel sistema nervoso centrale, con quelli normali trasformandoli in “prioni trasmissibili”. La modalità di trasmissione della BSE non è ancora stata determinata. Si ritiene al momento che i bovini possano essere stati infettati dal morbo attraverso l’assunzione di farine di carne e ossa o di mangimi ricavati da carcasse di animali affetti da BSE. Benché non sia stato formalmente stabilito un nesso causale tra l’ingestione di materiale infetto da BSE e la variante della malattia di Creutzfeldt-Jakob (vMCJ), si ritiene che soltanto le persone che abbiano consumato “materiale specifico a rischio” (MSR) siano a rischio di contrarre la vMCJ. Il “materiale specifico a rischio” è costituito dalle parti del bovino più sensibili al contagio del morbo della BSE e comprende il sistema nervoso centrale, incluso il cervello, la colonna vertebrale, gli occhi e parte dell’intestino crasso. L’agente della BSE non è stato riscontrato nei muscoli e nel latte, alimenti considerati sicuri dagli esperti dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) e dell’Unione Europea.
Considerazioni finali
Mentre gli effetti sulla salute dei contaminanti di origine biologica si manifestano in genere in modo acuto, cioè a breve distanza dall’ingestione dell’alimento contaminato, quelli di assunzione a bassi livelli di contaminanti chimici (eccezion fatta per le aflatossine o per assunzione di alte concentrazioni di contaminanti) hanno carattere più subdolo e si manifestano a distanza di tempo dall’esposizione con sintomi variabili e difficilmente individuabili.
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